Quante volte ci siamo ritrovati imbottigliati con l’auto nel traffico di via Flaminia per raggiungere o lasciare un centro di Roma già di per se congestionato?
L’inferno dell’automobilista inizia in quel tratto di strada dove una vasta pianura erbosa si apre verso il Tevere.Per ingannare il tempo che non passa si osserva di tutto, gli annunci pubblicitario dei vari cartelloni, i colori delle auto o del cielo, il tipo che con il suo scooter prosegue incurante della coda o i nomi delle varie stazioni della linea ferroviaria adiacente.
I nomi… che strani idiomi hanno certi posti. In tali circostanze il tempo e la noia lavorano per noi e si iniziano vaghi interrogativi: cosa vorrà dire… Grotta Rossa, Tor di Quinto, Prima Porta, Saxa Rubra? Una grotta dipinta di rosso? Una quinta torre certo, e le altre quattro? Prima Porta dovrà aver a che fare con l’omonimo cimitero, ma la porta dov’è?
Ma è su Saxa Rubra che si resta interdetti. ci si appella alle incerte e polverose nozioni di latino che ricordiamo, elaboriamo un po’ ma ci si arrende all’idea stramba di un sassofono che suona e una rubrica.
Il traffico scorre, si cammina, la Porta e le Torri svaniscono insieme alla Grotta e al sassofono che tornano ad essere dei toponimi come altri… e invece no.
Chiediamoci perché un posto si chiama proprio così. Perché restare convinti che il nuovo centro radiotelevisivo della Rai di Saxa Rubra (che per altro è intitolato a Biaggio Agnes) dia il nome a tutta la zona?
In realtà questo nome come anche quello riferito a Grotta Rossa deriverebbe dalla caratteristica pietra tufacea rossa comune in questa area, Sassi Rossi quindi, Saxa Rubra.
Ma la memoria e la fantasia popolare hanno arricchito questa accezione di significati più cruenti. Il 28 ottobre del 312 d. C. in questa zona ebbe luogo una delle fasi della battaglia di Ponte Milvio combattuta tra i due eserciti romani condotti l’uno da Massenzio e l’altro da Costantino. L’esito di tale scontro ebbe conseguenze storiche importanti in quanto la vittoria di Costantino permise la definitiva affermazione del cristianesimo e il lento declino degli antichi culti pagani.
Nei secoli successivi il rosso naturale di quei sassi fu attribuito al sangue versato dai numerosissimi soldati morti per mano di un fratello. Di fatto gli eserciti che si contrapposero erano entrambi costituiti da legionari romani, fratelli contro fratelli dunque, e quale risvolto peggiore poteva avere una battaglia dove i vincitori, al fine della contesa, avrebbero pianto il nemico?
Un tragico destino per i caduti di entrambe le parti che, a quanto si narra, vagano in questa zona scellerata nel rimorso di aver sparso il sangue dei propri fratelli. Anime rose in eterno dal rimorso e dall’infamia si affrontano in una battaglia spettrale che solo pochi ed attenti osservatori sono riusciti a scorgere in lontananza.
Non vi è un punto o una data precisi o un’ora esatta per avvistare gli eserciti in arme, ma i resoconti frammentari e per altro di dubbia provenienza lasciano ad intendere che il crepuscolo sia il momento migliore per cogliere le evanescenti legioni pronte al massacro.
Anche l’imperatore Massenzio (il pagano) sconfitto in battaglia dall’altro imperatore Costantino (il giusto) divenne presto il maligno antagonista della fede cristiana.
Nei secoli successivi il popolo romano volle assegnare anche a lui il ruolo di fantasma. Sulle sponde del Tevere, presso il ponte che vide la sua sconfitta, talvolta s’intravede una cerea figura camminare verso l’acqua e immergervisi fino a sparire.
Forse una vana ricerca di un battesimo che per quest’anima mai vi fu.