Esistono luoghi dove, il transito obbligato, conduce tutti a ritrovarsi in essi; prima o poi tutti dovranno necessariamente sostarvi o transitarvi. Ne sono un esempio i valichi montuosi, i guadi fluviali, i ponti e gli incroci viari.
Alcuni di questi, per le loro specifiche caratteristiche, sono divenuti nodi focali di incontri e scambi commerciali, Roma stessa ne é un ottimo esempio.Altri restano semplici punti di passaggio, celebri perché è consuetudine passarli per dirigersi oltre ma indegni di una sosta interessata o meritata. Tra questi luoghi, sempre li ad aspettare il nostro passaggio, sono esemplari gli autogrill, gli scali portuali o aeroportuali le stazioni o i lavori in corso sulla Salerno Reggiocalabria.
Uno di questi luoghi di distratti transiti affrettati noi romani lo conosciamo bene, lo nominiamo spesso, ma lo snobbiamo assai. Il suo nome è: Muro Torto.
Si tratta di un breve segmento murario costruito in epoca tardo republicana per contenere i frequenti smottamenti della retrostante collina del Pincio e successivamente inglobato nelle mura Aureliane. Il suo nome lo deve alla decisa curva a novanta gradi che lo caratterizza ma anche, e più probabilmente, all’inusuale inclinazione di un’imponente massa murale proprio nel punto in cui vi è la curva, già in passato veniva appellato “muro ruptus“.
Questa vistosa ed inquietante propensione ad un crollo imminente deve aver ispirato vari racconti e congetture, ma un’altra sinistra funzione di quest’area ha definitivamente legato al Muro Torto la fama di “luogo maledetto“.
Infatti fin dai tempi più remoti era consuetudine seppellire i cadaveri di ladri, assassini, ignoti stranieri e prostitute proprio in questo posto, l’usanza rimase tale per tutto il medioevo fino ad almeno due secoli or sono quando vi furono sotterrati i corpi dei due carbonari Angelo Targhini e Leonida Montanari ghigliottinati in piazza del Popolo nel 1825.
Stando alle cronache dei tempi andati sotto i prati del Muro Torto riposerebbero i resti di centinaia e centinaia di reietti dell’urbe che, proprio per le loro anime irredente e maledette, hanno finito per dare all’intero sito la fama di Campo Scellerato.
Le sepolture condotte senza alcun riguardo, senza alcun sacramento e senza ravvedimento in punto di morte, e le continue profanazioni di animali in cerca di cibo e balordi a caccia di eventuali oggetti preziosi o ossa da vendere o usare per i fini più disparati, posero tale zona sotto l’egida del maligno.
Per svariati secoli il Muro Torto fu considerato infestato da demoni e fantasmi, frequentato da streghe, negromanti e fattucchiere e non di rado lo si associò al “Sepulcrum Neronis” ovvero il presunto luogo di sepoltura dell’imperatore Nerone. Quest’ultimo infatti, per tutto il medioevo, fu associato a una delle tante incarnazioni di Satana a causa della sua nota quanto infondata avversione per il culto Cristiano. L’accusa di aver fatto incolpare i cristiani del devastante incendio di Roma e d’aver appiccato lo stesso rogo sarebbe tutta da dimostrare, tuttavia bastò tale diceria a dannarne la memoria e collocare la sua anima tra quelle di comuni malviventi.
Sarebbe quindi possibile vedere il fantasma di Nerone vagare desolato tra i prati del Muro Torto assieme a quelli dei due carbonari sopra menzionati e ad una moltitudine di spettri comuni e disperati, privi di qualsiasi perdono divino e pietà terrena.
L’immaginazione popolare diede un punto esatto al luogo del sepolcro neroniano, ovvero sotto le radici di un gigantesco noce maledetto che per secoli avrebbe attirato a se streghe diavoli e adepti del male. Ci volle l’iniziativa di Papa Pasquale II il quale, nel 1099 per estirpare la mala pianta e le superstizioni popolari, consacrò il luogo alla Madonna erigendovi sopra la bellissima Chiesa di Santa Maria del Popolo; una delle chiese più belle e ricche di opere d’arte dell’intera città e per tradizione votata alle esequie degli attori della capitale.
Tutti i romani misero insieme la somma di denaro che permise l’edificazione della prima chiesa. Da questo gesto di solidarietà popolare nacque l’intitolazione del sacro luogo al popolo di Roma.