Come Atlantide: una storia che affonda il suo mistero nel passato, e che attende una risoluzione. Dove si trova il sito di Eretum, l’antico insediamento sabino?
Come nella leggenda di Atlantide: un’antica città, indizi confusi, errori storici, uno studioso appassionato, archeologi, mercanti d’arte, saccheggiatori, questi sono gli ingredienti della querelle su dove si trovi realmente il sito di Eretum, l’antico insediamento sabino. Per tanto tempo, troppo, il sito di Eretum sarebbe rintracciato nella zona di Monte Libretti, solo la caparbietà di un medico, appassionato studioso di storia e archeologia, Salvatore Vicario, aiutato da validi collaboratori e da un pizzico di fortuna, sarebbe riuscito ad identificare il vero sito si Eretum. E la geografia del posto è destinata a cambiare notevolmente.
“Malgrado la Soprintendenza Archeologica per il Lazio abbia ufficialmente invitato alla prudenza – dice il dottore – vi è un consistente zoccolo duro che continua a dare indiscutibile credito alle tesi dell’identificazione di Eretum a Casa Cotta, nella zona di Monte Libretti, e dei modesti avanzi di strada romana nella tenuta di Tor Mancina battezzata senz’appello via Nomentana. Sono anni che vado ribadendo che il sito dove si trova Eretum è la zona di Sant’Anzino, il territorio lungo la via di San Martino. Ogni anno che passa c’è un tassello che va a porsi sul mosaico e dà ragione alla mia teoria”.Il nuovo tassello è un documento inedito, una lettera ritrovata grazie al monterotondese Antonello Ferrero. Una lettera di un trafficante di reperti che informa l’archeologo di una università del Massachusetts, spedendogli delle foto, che in una località chiamata Sant’Anzino, un contadino avrebbe rinvenuto il sito di una villa consolare o di un tempio.
“Siamo riusciti a trovare i reperti – dice Vicario – che ora sono sparsi in vari musei di Germania e America. Alcuni pezzi sono eccezionali”.
Ma da dove ha inizio la convinzione di Vicario? “Dai testi storici degli antichi romani – risponde – Tito Livio, per esempio, che scrisse che la Nomentana confluiva nella Salaria presso Eretum. Univa la Nomentana con Roma un percorso di poco più di 17 miglia. Perché non credergli? Ci sono alcuni dati storici inconfutabili: dov’era la basilica dei santi Primo e Feliciano, lì passava la Nomentana; così come passava vicino la basilica di San Restituto, dove sono ora i Cappuccini. Siccome i nostri antenati ragionavano secondo utilità non potevano scendere sulla Salaria per San Luigi, una strada troppo ripida. L’unica strada era la via Reatina, ma fuori dal gioco delle 17 miglia, o via di San Martino. Ho preso la macchina e ho fatto il calcolo delle miglia romane, e ho scoperto che la distanza dalla Nomentana alla Salaria corrisponde perfettamente al migliaio di Livio. Gli antichi non erano sprovveduti, dove era la strada più comoda, lì la prendevano. Ad ingarbugliare la situazione ci fu un miliario trovato vicino Monte Libretti che indicava il miglio diciottesimo della Salaria. Non corrispondeva con le indicazioni di Livio. Non hanno però letto che era la numerazione dell’imperatore Nerva, che venne dopo Livio. Non era dunque la numerazione dei Gracchi. Comunque l’errore è andato avanti e si è consolidato nel tempo. Gli archeologi hanno impostato la sistemazione delle strade sulla base di quel cippo ritrovato. Fino a quando non è uscita fuori una cassa, e tutto il carteggio, di un trafficante che aveva recuperato tutto il materiale uscito fuori da Eretum”.
Il clima intorno alla questione è sempre stato molto acceso. “Molti sono gli studiosi locali che mi hanno tolto il saluto o che mi additano senza mezzi termini come loro nemico – conferma Vicario – sono stato spesso trattato da “peracottaio”, tuttavia, non demordo, avendo avuto, nel corso della mia vita di “ricercatore dilettante”, la stima o il supporto o l’attenzione o la semplice citazione da parte di molti dei sommi Maestri della seconda metà del secolo XX, maestri con la M maiuscola, quali Margherita Guarducci, Augusto Campana, Francesco della Corte, Guido Barbieri, Maria Santangelo, Scevola Mariotti, Ksenija Rozman, Vincenzo Fiocchi Nicolai, Maria Luisa Chiumenti e Ferdinando Bilancia, Federico Zeri, tanto per fare qualche nome. E poi non scordiamo che anche il sito di Troia fu identificato da un dilettante”.
Rimpianti? “L’unico rimpianto è che adesso a Sant’Anzino è tutto costruito. Nel ’70, invece, quando io spiegai le mie scoperte, era una distesa di campagna, non era stata edificata neanche una capanna. Ma si sa che, tutti quelli che vi hanno costruito, hanno trovato qualcosa. Adesso in mano abbiamo molte foto, e alcuni reperti sono stati ritrovati in musei di Stati Uniti e Germania. Con tutte questa documentazione, il nucleo Patrimonio Artistico dei Carabinieri non dovrebbe avere difficoltà ad identificare e recuperare i reperti. A questo punto, una volta tornati a Monterotondo, la città eretina avrebbe un museo di un valore eccezionale e unico”.
Un piede gigante
“Facendo il dottore generico negli anni ’70, prima della specializzazione – dice Vicario – girando molto per le case, le persone mi dicevano tantissime cose, anche quelle che magari non avrei dovuto sapere. Anni fa mi dissero che, alcune persone avevano ritrovato qualcosa sulle sponde del Tevere. Non si sapeva cosa fosse, forse una barca incagliata, un pezzo di pontile. Fatto sta che con un argano grandissimo, cercarono di portare in superficie questo qualcosa. Per quanti sforzi fecero, non riuscirono nell’impresa, e lasciarono in acqua il reperto. Non riuscirono neanche ad identificare cosa fosse, per il carattere estremamente limaccioso delle acque. Nella stessa zona venne poi recuperato un piede, grande quando una persona, di cui si sono perse le tracce ma di cui si conservano delle fotografie. Chissà se le due cose sono collegate, e magari il piede non appartenga ad una statua grandissima ancora sul fondo del fiume”.
Il carteggio
Nell’edizione 2002 degli Annali, pubblicazione curata dall’Associazione Nomentana di Storia e Archeologia Onlus, diretta da Salvatore Vicario, è riportato il carteggio tra il trafficante e due professori di importanti università.
La “minuta” della lettera porta la data del 31 dicembre 1960, ma fu spedita il 14 gennaio 1961; fu inviata dal dottor M. al suo corrispondente del Massachusetts. La riporto fedelmente:
Caro professore (solito indirizzo FOGG ART MUSEUM, appuntò il mittente), le mando delle foto di cose di scavo, provenienti da Monterotondo, paesotto fuori Roma, sulla Salaria. La località interessata, in prossimità della ferrovia locale, è detta S. Anzino. Un contadino del posto dovrebbe avere fortuitamente rinvenuto il sito di una villa consolare, o forse di un tempio, tant’è – lei troverà – le bellezze delle cose venute alla luce. E non sono le prime, scavatori professionisti additano nel luogo, il sito di un’antica città sabina. Se è interessato mi contatti al più presto, ho diversi acquirenti inglesi e americani che mi tampinano. Saluti ecc. ecc
La risposta:
Gentilissimo Dottore M.
Le scrivo riguardo alle belle teste d’atleta greco-romano delle quali lei mi ha parlato nella sua lettera del 31/12/60. Come lei sa io sono proprio innamorato di questi oggetti. Se lei permette vorrei fare una proposta. Fatto è che la mia collezione (in mia propria casa) è tanto riempita di pezzi di marmo che sarebbe quasi impossibile trovare spazio per altre acquisizioni. Al momento ho in mio possesso una testa d’Ercole del periodo Antonino e tre (parola illeggibile) neo Attici. Invece di vendere questi oggetti preferirei fare uno scambio. Se lei si interessa in questa mia proposta sarei molto contento. Vorrei chiedere anche se forse sarebbe possibile mandare la testa in esame? (E’ ben inteso che io pago le spese di questa spedizione). Io mi interesso anche nelle pitture di Maestri Manieristi del ‘500 e sarò molto contento se lei può offrirmene qualche esempio di queste scuole o delle scuole di Fontainebleau.
Un’altra lettere spedita da M. ad un altro professore, questa volta di un’Università italiana.
Caro professore,
è incredibile le cose che mi provengono da Monterotondo sulla Salaria. Già ti dissi; ville consolari e resti di un abitato (città come dicono i scavatori?). Anche questo ti mando – con tuo dispiacere – per somma valutazione e parere, sono per il “mio” museo tedesco, semprechè beninteso, mi facciano sorridere, per te ho in serbo cose lì vicine, in territorio capenate; …un elmo ed una biga straordinari…